Durante la seconda metà degli anni Venti, la fine della fragile “democrazia Taishō” e i sempre crescenti sentimenti anti-occidentali favorirono in Giappone il radicalizzarsi del nipponismo e del culturalismo (bunkashugi) che spesso si espressero nei termini di una dura critica alla sfida modernizzante avviata nel paese fin dall’epoca Meiji. L’azione restauratrice (una “contro-restaurazione Meiji”, o una “Restaurazione Shōwa”) propugnata da attivisti radicali convertiti dal socialismo all’estrema destra, come Kita Ikki, il comunitarismo agricolo di Tachibana Kosaburō e di Gondō Seikyō ed infine, l’influenza esercitata in alcuni circoli accademici dalla geopolitica haushoferiana, costituirono i primi segni di un nipponismo votato all’eccezio...